L’autore dell’opera

La questione riguardante l’autore dell’Hypnerotomachia Poliphili è ancora oggi un’incredibile nebulosa.
L’ipotesi più accreditata tra gli studiosi indica Francesco Colonna come autore dell’Hypnerotomachia Poliphili, il meraviglioso volume reso a stampa nel 1499 da Aldo Manuzio.
Colonna nasce nel 1433 circa a Venezia; già 1472 la sua presenza è registrata presso i capitoli conventuali di SS. Giovanni e Paolo a Venezia come sacerdote: si deduce che fosse parte dell’ordine domenicano da un certo periodo di tempo.
Nel 1473 Colonna si laurea in teologia a Padova e, dal 1491, ottiene la cattedra della stessa materia, per quanto le fonti non indichino in quale luogo.
Le informazioni riguardanti Fra’ Francesco Colonna sono molto scarne: lo si ritrova nel maggio 1477, quando viene emanato contro di lui un ordine di espulsione dalla città di Venezia, di cui si ignorano le cause.
Dal 1493, invece, ricompaiono fitte testimonianze della sua presenza presso il convento di SS. Giovanni e Paolo a Venezia, di cui dal 1495 diventa priore.
Nel 1499 esce dalla tipografia di Aldo Manuzio l’opera Hypnerotomachia Poliphili in forma anonima; il romanzo, più che nella forma del testo, è reso famoso come più bella opera tipografica del Rinascimento dalle xilografie di accompagnamento.
L’attribuzione a Francesco Colonna è ancora dubbia: il nome dell’autore non compare all’inizio dell’opera, ma è nascosto con un lungo acrostico creato con le prime lettere dei trentotto capitoli dell’opera: “Poliam frater Franciscus Columna peramavit”.

3

Senza l’acrostico, il problema dell’attribuzione sarebbe ancora oggi incredibilmente vasto.
Nel 1500 Colonna ricompare nei documenti, facendo delle richieste per la tua congregazione.
Di nuovo mancano informazioni riguardanti il frate domenicano tra 1512 e 1516, anno in cui torna al convento di S. Giovanni e Paolo; ma pochi mesi dopo viene accusato di immoralità ed esiliato a Treviso.
Torna certamente a Venezia nel 1520, dove morirà nel 1527.

Dagli anni Sessanta ha preso piede la posizione di Maurizio Calvesi, Professore emerito dell’Università della Sapienza di Roma, secondo cui Francesco Colonna avrebbe origini romane e non veneziane, come sostengono i suoi oppositori.
Francesco Colonna romano (1453-1517 circa), signore di Palestrina, rappresenta una delle alternative attributive alla figura di Fra’ Francesco Colonna.
Secondo i documenti, nel 1471 Francesco Colonna viene nominato Canonico secolare presso San Giovanni in Laterano, sotto il pontificato di papa Sisto IV.
In seguito, nel 1473 diviene Canonico secolare di San Pietro: tale nomina si deve ad una volontà papale di valorizzare i territori vaticani.
Sempre nello stesso anno, Colonna viene nominato Protonotario apostolico partecipante, una carica incredibilmente importante poiché gli conferiva un potere maggiori dei vescovi. Tale carica dovette però decadere al matrimonio con Orsina Orsini.
Il Colonna “romano” viene considerato tra i potenziali autori dell’Hypnerotomachia Poliphili.
In particolare, l’ipotesi si basa su un viaggio di Colonna a Venezia avvenuto circa nel 1503; tale posizione sarebbe avvalorata da documenti che mostrerebbero come questo non sia stato né il primo né l’ultimo viaggio di Colonna in laguna.
La posizione di Calvesi si basa sulla negazione della testimonianza dell’Apostolo Zeno, affermando che il documento in questione non sia altro che un falso.
Inoltre, molto di questa posizione si lega alle origini laziali di Aldo Manuzio, cercando di negare la “venezianità” dell’opera.
In realtà, non si comprende perché un personaggio di tale levatura non abbia deciso di apporre il proprio nome sul frontespizio di tale opere. Ancor di più, non si comprende perché i suoi eredi, nonostante il volume sia diventato particolarmente famoso, non abbiano mai rivendicato la paternità del testo per il loro avo.
Il linguaggio utilizzato nell’Hypnerotomachia, inoltre, è più facilmente collegabile ad inflessioni dell’Italia settentrionale, mentre ben più difficili sono collegamenti con il mondo romano.

Tra le ipotesi più affascinanti emerge il nome di Leon Battista Alberti (1404-1472), uno degli umanisti più importanti e famosi del Rinascimento, è stato per lungo tempo inserito nel novero dei potenziali autori dell’Hypnerotomachia Poliphili.
Una delle maggiori sostenitrici di questa teoria è la dottoressa Liane Lefaivre, professoressa presso l’Università di Vienna, la quale afferma che l’acrostico inserito nel testo non sia altro che un sotterfugio per allontanare l’occhio del lettore dalla vera identità dell’autore.

Fig. 1. Leon Battista Alberti, Autoritratto con occhio alato, placchetta in bronzo, 1430-40 circa. Washington, National Gallery of Art.jpg
L’opera sarebbe, secondo la studiosa, una sorta di lascito del grande studioso Alberti all’umanità, creato da una delle menti più brillanti del Rinascimento italiano.
L’elemento che avvicinerebbe l’Alberti all’Hypnerotomachia è la presenza della sigla “B”, apparsa in alcune xilografie: tale consonante è stata interpretata come abbreviazione di “Battista”, così come si era presentato nei suoi Dialoghi.
Inoltre, si sostiene che la personalità poliedrica di Leon Battista Alberti si avvicini molto all’animo tormentato di Polifilo, protagonista dell’opera.
Le obiezioni, anche in questo caso, non mancano: in primis la data di morte dell’Alberti, troppo precoce rispetto alla stampa dell’opera.
In secondo luogo, non si comprende perché avrebbe dovuto mantenere l’anonimato dopo aver già dato vita a scritti particolarmente pungenti.
Secondo ulteriore analisi, Alberti rivendica nel De re aedificatoria il toscano come lingua di studio, ponendosi quindi in termini molto lontani dal linguaggio utilizzato dall’autore dell’Hypnerotomachia.
Infine, nessun autore della caratura intellettuale dell’Alberti si sarebbe citato costantemente come accade in tale opera: i richiami continui al De re aedificatoria, infatti, allontanano in modo definitivo questa affascinante ipotesi.
Altra affascinante ipotesi vede come protagonista Giovanni Pico della Mirandola (1463- 1494), considerato uno dei più influenti umanisti e filosofi del Rinascimento italiano.
In questo caso tale nome è stato presentato in anni recenti da Giovanni Pasetti con il volume Il sogno di Pico.
Proprio la posizione di preminenza nel panorama culturale italiano ha reso Pico uno dei nomi più intriganti da accostare all’Hypnerotomachia Poliphili.
In primis, la sua grande biblioteca (donata secondo testamento al fratello) è prova inconfutabile della sua grande cultura, elemento fondante dell’opera stampata da Manuzio.
In secondo luogo, l’uso fatto da Pico della Mirandola del linguaggio lo renderebbe candidato ideale: egli rappresenterebbe una sorta di ponte linguistico tra i pilastri della letteratura italiana, quali Dante e Petrarca, e il linguaggio rinascimentale, mescolato a trame francesizzanti ed elementi classici.
Inoltre, nella sua opera Orazione sulla dignità dell’uomo (1487), Pico della Mirandola sostiene la posizione di Aristotele, il quale considerava i suoi libri della Metafisica “pubblicati senza essere pubblicati”: l’idea è di presentare le proprie conclusioni non in modo chiaro, bensì celarle a quelle menti non considerabili degne di comprendere la realtà delle cose.
L’Hypnerotomachia Poliphili andrebbe inserita in un tentativo da parte di Pico di superare, da un punto di vista letterario, la grande figura di Boccaccio, da lui considerato il genio assoluto della cultura italiana. Questa ipotesi, a onor del vero, risulta essere sì interessante, ma molto improbabile.
Pico della Mirandola, inoltre, non avrebbe dovuto avere alcun problema a firmare il proprio testo, soprattutto in virtù del rapporto abbastanza stretto con Aldo Manuzio.
In conclusione, una presenza così fitta di potenziali autori fa comprende quanto il dibattito possa essere aperto. In generale, al giorno d’oggi la maggior parte degli studiosi tende ad attribuire l’opera ad un autore di area veneta, principalmente a Fra’ Francesco Colonna.
In questa sede, secondo l’analisi dell’opera stessa, del testo e delle immagini, si ritiene che l’ipotesi di un autore di area veneziana sia preferibile alle altre. Nello specifico, tale idea è avvalorata dalle prove presentate riguardanti anche l’autore delle immagini, sempre proveniente dal Nord Italia.
Nessuno ha una certezza assoluta nell’attribuzione dell’opera, ma tale enigma permette ancora oggi di discutere animatamente di un volume del Quattrocento e, allo stesso tempo, di accrescere il suo fascino agli occhi di tutti, appassionati e non.

 

Maddalena Oldrizzi