Struttura ed estetica tipografica

Fig. 4. Un esempio di impaginazione armonicaL’Hypnerotomachia Poliphili uscì dai torchi di Aldo Manuzio più di 500 anni fa, nel 1499. Esso appartiene dunque alla categoria degli incunaboli, ossia i libri stampati fino al 1501 con il torchio a caratteri mobili. Composto da 234 fogli numerati e da 172 splendide xilografie (incisioni su legno), rappresenta uno dei libri più famosi nella storia della tipografia mondiale e, quindi, tra i più ambiti dai bibliofili.

A un primo sguardo il libro ci appare stranamente familiare: un’impressione che è dovuta alla leggibilità del testo stampato. Infatti il carattere, la struttura della pagina e il modo in cui le parole sono disposte intorno alle figure seguono dei canoni tipografici a cui ormai siamo abituati. Eppure rispetto ad altri incunaboli (ad esempio la celebre Bibbia di Gutenberg), la sua modernità è addirittura disarmante. L’aspetto forse più evidente è l’assenza del carattere gotico – allora molto diffuso anche nei libri a stampa – mutuato dai codici manoscritti di epoca medievale. L’uso del carattere gotico aveva del resto consentito una transizione meno traumatica al libro stampato. Nell’Hypnerotomachia esso invece scompare in favore di quello che è tuttora noto come Bembo, un carattere che prendeva a modello la scrittura degli umanisti italiani. Le sue linee armoniose ma essenziali seguivano le indicazioni di letterati e calligrafi famosi come Francesco Petrarca, Felice Feliciano, Poggio Bracciolini e Leon Battista Alberti, che intendevano ricreare la scrittura usata nell’antichità classica. Il carattere fu introdotto nel 1496 da Manuzio nel De Aetna di Pietro Bembo, da cui il nome, per essere perfezionato in occasione della stampa dell’Hypnerotomachia.

Fig. 4. Un esempio di impaginazione armonica

L’invenzione del carattere“romano” Aldino si deve a Nicholas Jenson, che lo sviluppò a partire dalla scrittura Antiqua, mentre le matrici dei singoli caratteri furono messe a punto da Francesco Biffi, un orafo bolognese che sarebbe diventato l’intagliatore favorito di Aldo. Nel carattere Bembo scomparvero i tratti di congiunzione tra le lettere che invece caratterizzavano la scrittura gotica, rendendolo più agevole alla lettura. Sotto l’aspetto tipografico l’Hypnerotomachia Poliphili rappresenta quindi, allo stesso tempo, un ritorno alla classicità romana e un’apertura notevole verso la modernità.

Un aspetto non secondario è costituito dalla struttura della pagina stampata, la cui estetica non è fine a se stessa, ma funzionale alla lettura del libro. Nell’Hypnerotomachia troviamo infatti una stretta integrazione fra il testo di riferimento l’immagine corrispondente, proponendo così una fusione semantica, oltre che visiva. Il tipografo ha inoltre giocato in modo molto originale con il testo, spesso disponendolo a forma di scudo o tazza, mentre non mancano casi in cui la giustificazione del testo segue le illustrazioni di contorno. Quanto appunto alle xilografie, esse sono talvolta disposte l’una accanto all’altra quasi a ottenere un effetto di racconto dinamico. In altre parole, l’Hypnerotomachia anticipa alcune soluzioni tecniche e visive che saranno adottate più avanti nel cinema o nei racconti a fumetti.

Fig. 6. Un caso curioso di integrazione del testo con l'immagine

È quindi paradossale che un libro così leggibile, stampato con grande cura e ricco di soluzioni innovative sia in fin dei conti scritto in un linguaggio molto complesso. L’Hypnerotomachia Poliphili è infatti uno dei libri più illeggibili mai pubblicati. Le difficoltà partono dal titolo stesso, praticamente impronunciabile. La difficoltà aumenta sfogliando le pagine e cercando di decifrare il significato: oscuro, impenetrabile, a volte sconcertante, pieno di riferimenti reconditi e imbevuto di termini inconsueti, arcaici, reso ancor più complesso dalla prosa tortuosi, prolissi e pletorici. Il libro è uno strano miscuglio di lingue diverse – specialmente il volgare e il latino – che in alcuni casi richiedono le competenze di un esperto poliglotta. Una mescolanza che si osserva anche a livello tipografico, visto che sono impiegati caratteri greci, ebraici e, per la prima volta in un libro occidentale, anche caratteri arabi. Geroglifici egiziani e formule matematiche sembrano comporre infine infine deinfine degli enigmi, ma non costituiscono necessariamente dei rebus da risolvere.

Andrea Polati